"Se ho scelto Dublino per scena è perché quella città mi appariva come il centro della paralisi." Questo scriveva Joyce, nel suo Ulisse. Il nostro continuo girovagare invece, ci ha fatto intuire che non esistono posti sospesi nel tempo, non esiste un tempo unico. Esistono però grazie a Dio posti diversi tra loro: è questa l’unica vera ricchezza del mondo.
Solo tre giorni effettivi per
perdersi nella dolce bruma dublinese sono davvero pochi, oltretutto un giorno
intero vorremmo anche passarlo sulla costa, ad Howth. Con queste premesse,
partiamo da Orio al Serio un mercoledì sera, il ritorno sarà la domenica
mattina all'alba, unico modo per risparmiare qualcosa con Ryanair. Negli zaini
una copia di Dubliners di Joyce e un catalogo delle bellezze dell'isola
recuperato a febbraio alla BIT.
Appena atterrati, dobbiamo fare i
conti con la fine pioggia che ogni giorno - per almeno 10 minuti narra la
leggenda – infradicia i vestiti degli irlandesi. Alloggiamo a The Charles Stewart
Guesthouse, in Parnell square, a due passi da "The Spire", lo
spillone che svetta alto nel notturno cielo rosso della città.
Resisto dalla
tentazione di infilarmi nel primo pub che incontro, la Guinness N.1 del viaggio
voglio gustarla l’indomani al St.James's Gate. Potendo, arrivateci a piedi di
mattina, c'è meno ressa. Una rassegna dei molti ponti che passano sul fiume
Liffey è ciò che ci vuole la mattina per digerire un'Irish Breakfast preparata
come si deve. Da Flanagans costa
sugli 8 euro a testa, té incluso, ma c'è da scoppiare: fagioli, uova, salsicce,
bacon, black pudding (sanguinaccio speziato), verdure alla piastra, pane e
burro.
Infilando il viale d'ingresso della factory, sembra di piombare nell'800
vittoriano. Cavalli legati a paletti, su strade di ciottoli levigati dal tempo
e dai carri che portavano orzo per poi ricondurre al porto cataste di barili di
birra. A St.James's Gate, alla fine del '700, il lungimirante Signor Guinness in persona
prese in affitto dal comune questa vasta area (un decimo circa del centro
città) per 9000 anni. Il tutto al modico prezzo di 45£. La parte centrale dello
stabile che ospita il museo, ha la forma del bicchiere della mitica stout.
Passando in rassegna i vari piani, si passa dal negozio di cimeli del piano
terra, ai vari ingredienti, dalle varie fasi della fermentazione della bevanda
- in cui il multimediale è mischiato sapientemente ad antichi macchinari in uno
fino a pochi decenni fa - al confezionamento e al lavoro dei bottai e dei
trasportatori. Il tutto con l'ausilio di una audio-guida molto pratica. Giunti
al 5° piano, ci è possibile utilizzare il buono-stout (consegnatoci
all'entrata) per metterci alla prova come spinatori. Possiamo così godere del
suo gusto inimitabile, orgogliosi dell'attestato che ci viene rilasciato.
Giunti al 7° piano, al GravityBar possiamo continuare a bere osservando la
città a 360° da una sorta di cupola in vetro.
Davvero ottimo, se si vuole osservare dall'alto la disposizione dei vari edifici e giardini della città: i molti nomi sono scritti sulle pareti trasparenti. Per il pranzo non serve spostarsi di molto, al piano della degustazione, al Arthur’s Bar è possibile mangiare spezzatino e pane alla Guinness.
Davvero ottimo, se si vuole osservare dall'alto la disposizione dei vari edifici e giardini della città: i molti nomi sono scritti sulle pareti trasparenti. Per il pranzo non serve spostarsi di molto, al piano della degustazione, al Arthur’s Bar è possibile mangiare spezzatino e pane alla Guinness.
Giornata monotematica, ma davvero stupendo il
tutto. Usciamo alle ultime luci pomeridiane e ci dirigiamo ancora più ad ovest,
verso l'IMMA: Ireland's museum for modern and contemporary art.
Come ogni museo pubblico, è visitabile gratuitamente, ma a dire il vero a parte la location davvero suggestiva - The Royal Hospital, risale alla fine del '600 - diciamo che non ci ha convinto del tutto in quanto ad opere esposte; comunque merita un giro. Mentre la luna sale in cielo, torniamo verso il centro e ci spostiamo in zona Dublinia (un museo sui primi insediamenti vichinghi locali) e Christ Church, cattedrale vichinga risalente al 1100, ma ricostruita in gran parte alla fine dell'800 da un produttore di whiskey filantropo.
Come ogni museo pubblico, è visitabile gratuitamente, ma a dire il vero a parte la location davvero suggestiva - The Royal Hospital, risale alla fine del '600 - diciamo che non ci ha convinto del tutto in quanto ad opere esposte; comunque merita un giro. Mentre la luna sale in cielo, torniamo verso il centro e ci spostiamo in zona Dublinia (un museo sui primi insediamenti vichinghi locali) e Christ Church, cattedrale vichinga risalente al 1100, ma ricostruita in gran parte alla fine dell'800 da un produttore di whiskey filantropo.
Proseguendo verso
est, ci si imbatte nel Dublin Castle, maniero risalente al XIII secolo. Fu per
molti secoli il centro del potere politico inglese, ed è visto perciò dagli
abitanti con non troppa simpatia. In ogni caso, osservarlo la sera,
attraversare il suo piazzale e sbucare dall'altra parte è davvero d'effetto.
Nonostante vi siano vaste aree destinate a parcheggio qui intorno, gli ultimi
edifici costruiti in prossimità delle mura stemperano molto bene il passaggio
tra antico e nuovo. La stanchezza si fa sentire, ma la curiosità ha la meglio,
così scendiamo verso St.Stephen's Green alla ricerca della statua di Oscar
Wilde, proprio di fronte alla casa in cui abitò in giovane età. Le case in
questa via, e nei viali limitrofi, sono tutte in stile georgiano, vale a dire
facciata molto classica, qualche gradino per accedere all'ingresso e porte
ognuna di colore diverso. La leggenda vuole che il motivo della loro diversa
colorazione, sia da imputare ai ripetuti errori d'individuazione della propria
dimora da parte dei proprietari che ubriachi vi rientravano a tarda notte.
Il giorno seguente, la pioggia e
il freddo non ci frenano di certo. Coperti con scadenti kway - immancabili, mai
venire da questa parti senza - ci
mettiamo in moto, destinazione Trinity College, e la sua inestimabile
biblioteca che si dice cresca di alcuni chilometri di scaffali ogni anno. Causa
orario un po' infelice, la coda è già piuttosto cospicua, quindi ci
accontentiamo di passeggiare per il cortile interno, sotto l'insistente pioggia
autunnale. Decidiamo di asciugarci un po' le ossa presso la National Gallery:
altra scorpacciata di cultura gratuita. Poche opere a dire il vero, distribuite
però davvero ottimamente lungo i corridoi e le grosse sale. Da Beato Angelico a
Caravaggio, da Canaletto a Van Dyck e Brueghel il giovane. Davvero una
carrellata che scalda lo spirito anche dell'osservatore meno attento. Uscendo,
riaffrontiamo la pioggia e facciamo rotta a sud, in cerca di un locale di cui
ci hanno parlato molto bene. The Bernard Shaw è un locale storico, aperto dalla
fine dell'800, in zona St.Stephen's Green. Un gruppo di italiani da qualche
anno si è inventato di esportare in questa sorta di pub
storico-avanguardistico-squat la cucina italiana. Si mangiano ottimi
arrosticini e la sera si può cenare a base di pizza sull'autobus parcheggiato
nel cortile interno! Davvero niente male, anche se per scelta all'estero non
cediamo mai alla cucina italiana. Spostandoci a nord, in direzione dell'antica distilleria Jameson, passiamo accanto alla St.Patrick Church, famosa cattedrale
protestante in cui dovrebbero essere custodite le spoglie del grande scrittore Jonathan
Swift. Noi non entriamo, sfiliamo solo accanto all’esterna statua di Benjamin
Guinness e proseguiamo: siamo in ritardo per la visita alla distilleria.
Una
volta arrivati all'Old Jameson
Distillery, (i ticket costano 15 euro e si
entra scaglionati) restiamo sorpresi per l'ambientazione di questa sorta di
museo: molto è rimasto com'era decenni fa. Il tour fa visitare alcune sale in
cui sono ricostruiti gli ambienti in cui il whiskey (attenzione, da non
confondere col whisky americano o lo scotch) veniva prodotto, ma la guida
spiega molto in fretta e anche per questo è poco coinvolgente. Si astengano
assolutamente tutto coloro che non capiscano l'inglese alla perfezione; questa
è certo una pecca, tutti dovrebbero essere messi nella condizione di capire,
dato l'oneroso biglietto d'entrata, attraverso una guida che parli a una
velocità umana, oppure mediante audio-guide. Alla fine del tour c'è anche un
assaggio di whiskey (oppure si può scegliere un cocktail) ma complessivamente
l'esperienza non ci ha
entusiasmato molto. Rispetto al giro alla Guinness, qui ci è parso di aver fatto un giro a Gardaland.
All'uscita è ormai buio e ci bardiamo per affrontare la camminata sotto la
pioggia. Facciamo rotta verso il pub più antico della città (risale al 1100):
al The Brazen Head Pub sono da poco passate le cinque e la gente sta già
cenando. Così ordiniamo l'ennesima birra e l'ennesimo cocktail whiskey-ginger
ale e addentiamo onionrings ottime e patatine fritte niente male, mentre il
nostro sguardo si posta qua e là nelle piccole sale col camino acceso.
Sembra proprio di stare a casa, l'aria che si respira nei pub è davvero conviviale ed accogliente, niente a che vedere con quella che c'è nei nostri locali: il risultato è che non te ne andresti mai. Più tardi passiamo di nuovo di fronte a St.James Gate, poi tagliamo verso Temple Bar, è venerdì sera e forse è il momento di affrontare la ressa.
Entriamo di straforo in un paio di pub
sovraffollati a rubare qualche scorcio di brani e restiamo davvero colpiti
dall'entusiasmo con cui ogni gruppo locale (che suona ovviamente sempre e
soltanto irish music) viene salutato e di come la gente si scateni al suono
della fisarmonica e del violino. Temple Bar è insostenibile a quest'ora, così
ci spostiamo di nuovo verso il Liffey.
Lungo la strada, la nostra attenzione è catturata da una strana piazzetta interna, la cui copertura è realizzata con strutture simili a steli di calle giganti ravvicinati.
È l'ingresso all'Irish
Film Institute, altro esempio di come da queste parti la cultura - in questo
caso quella cinematografica – non sia appannaggio di pochi eletti, bensì uno
dei pilastri su cui poggia la società irlandese. In questi giorni ci sono
retrospettive sul cinema francese e mai mi sarei aspettato di vedere tali file
ai botteghini per la proiezione di film impegnati vecchi e nuovi. Mi limito a
curiosare nel bookshop e poi proseguiamo la passeggiata verso Parnell Street.
L'ultimo giorno prendiamo la DART
da Connolly Railway Station (5€ a persona a+r) in direzione Howth, piccolo
paese di pescatori molto caratteristico, attendendoci una località iper-turistica.
Niente da fare, anche in questo caso si tratta di un villaggio che ha ben
mantenuto le sue caratteristiche, senza grandi hotel e scempi architettonici a
deturpare il paesaggio naturale. Sul molo dove fino a cento anni fa c'erano
case dei pescatori e piccole aziende per la trasformazione ittica, ora ci sono
ristoranti di altissima qualità e negozi che offrono il meglio del pescato
giornaliero, oltre agli affumicatoi dove ancora oggi trattano la carne di
salmone col fumo del legno di quercia. Appena usciti dalla stazione andiamo a
destra, cercando il Deer Park Golf Club, ricavato sui terreni dell'antico
castello di Howth. Il maniero è ancora visibile ma non è visitabile
internamente. Tornando verso il porto, non stiamo nella pelle: abbiamo letto
che nuotano foche lungo questi moli e non possiamo perderle. Anche se
all'inizio non si fanno vedere, man mano che i pescherecci vanno e vengono,
fanno la loro comparsa sulla scia delle imbarcazioni.
Tra il cibo che accettano
di buon grado dai turisti e gli scarti di pesce che gettano loro dalle navi, devono
mangiare parecchio. È così strano vedere
animali che appartengono alla sfera del sogno e dei libri, fare comparsa di fronte
a noi così platealmente, davvero un'emozione. Dopo esserci spostati verso il
crinale che si trasforma ben presto in scogliera - continuando per qualche
chilometro verso sud-est si incontra il faro più spettacolare della penisola,
ma le nostre scarpe non lo consentono, se venite da queste parti dotatevi di
scarpe da trakking - torniamo al molo ed entriamo nell'unico ristorante che non
sia interamente prenotato perlopiù da gente del posto. Al Deep restaurant pranziamo con
dell'ottimo fish&chips e del formidabile salmone affumicato. Poi, seguendo
le indicazioni, arriviamo all'antico centro di Howth, fondata dai vichinghi
prima dell'anno 1000. Oltrepassando una chiesa priva di tetto, prendiamo al
volo un autobus che porta verso l'Howth Baily Lighthouse. Il costo salatissimo
del bus, non ci permette di esultare per la fatica risparmiata;
Oltretutto è doverosa una precisazione: arrivati in cima al promontorio, per raggiungere il faro è necessario farsi altri 20 minuti a piedi per arrivare... da nessuna parte, dato che il faro è chiuso al di là di un cancello invalicabile. C'è da dire che il panorama che ci godiamo al tramonto da qui è impagabile.
Tornando,
facciamo in tempo a guardarci l’ultima partita di rugby della nazionale
all'O'Neill's Bar, enorme pub su tre piani con una Guinness notevole.
CONSIGLI DI VIAGGIO:
- Per spostarsi dall'aeroporto al centro città, usate il bus Aircoach (12 euro a/r) preso all'uscita del terminal; si arriva in città in
una ventina di minuti (ha corse sia di giorno - ogni 15 minuti - che di notte -
ogni 30 minuti - da e per l'aeroporto).
- Dove dormire? Un bel B&B in pieno centro, pulito e tranquillo: The Charles StewartGuesthouse, in Parnell square.
- Negli infopoint, potrete
recuperare la mappa gratuita della città e acquistare i ticket per il museo
Guinness ad un prezzo scontato: sui 18 euro.
- Avete il volo prestissimo la
mattina? Scordatevi di riuscire a dormire in aeroporto; vi sono pochissimi giacigli ricavabili.