Per il secondo anno di fila, torniamo a viaggiare verso il Piemonte. Il motivo di ciò, è semplice: basta un’occhiata in cantina per renderci conto che le nostre scorte di Barbera d’Asti si stanno esaurendo! Approfittiamo dell’eccezionale ospitalità degli amici del B&B Frazione Sant’Anna a Costigliole e carichiamo le damigiane in auto: direzione VINO.
Durante il tragitto ci sovviene che da
anni cerchiamo di visitare alcune località ma senza trovare mai il tempo di
farlo. Alcuni le considerano città e paesi marginali, ma io che son nato nel
lodigiano, non sono di questo avviso. Oggi ci fermeremo dunque a
Codogno, Lodi e Pavia.
Codogno dista da Piacenza solo pochi chilometri. Ci sarebbe davvero
molto da vedere - compreso, da fuori, il vecchio ospedale, edificio davvero
singolare dal bel colonnato - peccato sia venerdì e tutte le chiese importanti
abbiamo i battenti sbarrati. Parcheggiamo in pieno centro e respiriamo l’aria
dimessa della provincia, vediamo i suoi abitanti che si dirigono svelti verso i
molti bar.
La Chiesa Parrocchiale di San Biagio e Santa Maria Immacolata col
suo strano calendario via di mezzo tra una meridiana ed un termometro ci
incuriosisce, il cortile fiabesco della Chiesa delle Grazie ci rapisce, ma è
tutto ineluttabilmente sbarrato. Ci facciamo un giro al mercato e ci imbattiamo
a sorpresa in un grandissimo artista che proprio qui a Codogno – come me (R) -
ha trovato i natali, Maurizio Milani!
Ripartendo, facciamo rotta verso Lodi. Il centro di questa sorprendente
cittadina sonnacchiosa è un piccolo gioiello. A dire il vero, per noi che
veniamo dalla provincia di Mantova, è molto simile al capoluogo gonzaghesco.
Facciamo ingresso da Piazza Broletto, un angolo medievale impeccabilmente conservato. Entriamo da qui nella piazza principale: piazza della Vittoria. Cerchiamo di visitare il duomo ma è chiuso!
Facciamo dunque un giro per le
lunghe vie che si snodano in cerca della mitica raspadüra, sottili sfoglie di
grana. Arriviamo in un baleno all’interessante “Torre di Lodi” che segna un po’
la fine dell’area pedonale: davvero affascinante.
Lodi Vecchio dista da Lodi una decina di chilometri; si tratta dell’antico nucleo abitativo di Lodi (600 a.c.). Oggi non è rimasto molto da vedere a parte l’antica e magnifica Chiesa di San Bassiano, sede di una festa molto rilevante, il giorno del santo.
Il 19 gennaio infatti qui si fa festa pasteggiando con quintali di trippe offerte agli avventori per tradizione. Erano 3 anni che volevamo venirci e non eravamo mai riusciti a trovare il tempo. Ora che siamo qui ci godiamo la pace del posto.
La prossima tappa è Pavia, da lì prenderemo l’autostrada
verso l’astigiano. Arriviamo sotto una pioggia battente e subito siamo
affascinati dalle torri che svettano alte dietro i palazzi. Si dice che questa
città ve ne fossero 150 in epoca medievale.
Parcheggiamo nelle vicinanze dell’università, passeggiamo di fronte alla Chiesa di San Francesco Maggiore e passando attraverso il cortile universitario raggiungiamo la base delle torri. E’ bello alzare gli occhi al cielo e farsi sovrastare da questi giganti, ma non restiamo a lungo perché la pioggia non ci concede tregua.
Arriviamo in un
attimo in piazza del Duomo e una visita quantomeno veloce alla chiesa è
d’obbligo: davvero maestosa. Ma il motivo per cui siamo qui è un altro: è una
vita che il ponte coperto ci intriga. A dire il vero, vedendolo così, intasato
dal traffico, sotto un cielo grigio topo perde molto del suo fascino da
cartolina… ma tant’é. Ad avere più tempo avremmo cercato di visitare anche il
Castello visconteo e la Certosa che dista dal centro città qualche chilometro,
ma è tempo di ripartire: vogliamo arrivare a destinazione prima che sia troppo
buio.
Il giorno seguente nonostante il
maltempo (è il primo marzo e qui nevica sopra i 400 metri), focalizziamo la
nostra attenzione su Bra, sede
storica di Slow Food. Appassionati come siamo di cibo e alimentazione, non
possiamo non tentare di entrare a curiosare nell’Università degli Studi di
Scienze gastronomiche, fondata da Petrini proprio una decina di anni fa.
Invano. Il complesso architettonico che sorge a Pollenzo, vicino a Bra, e che ospita appunto non solo l’università
ma anche la Banca del Vino, è davvero da applausi. Castello enorme con tenuta
appartenuta a Carlo Alberto, ristrutturato con un gusto ineccepibile qualche
anno fa, mi dà l’impressione di trovarmi di nuovo ad Oxford.
Dato che non possiamo assistere alle lezioni universitarie, nessuno ci negherà almeno di visitare la Banca del Vino. Questa strabiliante ed enorme cantina sotterranea (100.000 bottiglie) altro non è che una vera e propria banca in cui le migliori bottiglie a livello nazionale vengono scrupolosamente tenute sotto grata, in modo che non si perda mai la memoria storica della cultura enologica. Si può scegliere tra diverse tariffe. Noi ad esempio, per la cifra di 15 euro a testa, ci facciamo guidare durante la visita e alla fine scegliamo un assaggio di vino e un tagliere per due con presidi slow food. Merita.
Continuando il nostro giro,
arriviamo a Bra. Anche qui continua
il maltempo. Riusciamo solo a fare un salto al negozio Slow Food, e a visitare
una trattoria in cui servono ovviamente altri presidi protetti: il Circolo ArciBoccondivino. Non ci feriamo però molto perché il tempo peggiora e quindi
decidiamo di fare un salto in un altro paio di paesi che l’anno scorso non
siamo riusciti a visitare.
Dapprima raggiungiamo Verduno, paese da fiaba e patria di un vino rosso in purezza eccezionale: il Pelaverga. A Verduno nevica alla grande e ci inerpichiamo sulla strada in salita che porta alla magnifica Cantina comunale “Casa Ciabotto”, dove in un’atmosfera via di mezzo tra la casa del popolo e – visto il tempo fuori – uno chalet di montagna, assaggiamo ben 5 tipi diversi di rosso locale. A spiegarci con passione e dedizione la differenze tra le varie cantine coinvolte nella vinificazione di questo particolare vitigno, un giovane gestore davvero molto preparato; risultato: altre due bottiglie aggiunte alla nostra collezione.
Prima di tornare verso
Costigliole, ci feriamo a Cherasco,
il paese delle lumache. Ovunque, piccoli e grandi allevamenti ai lati delle
strade tra i noccioli e i filari di vite. In pieno centro diverse trattorie
servono la carne – e il tanto di moda caviale – di lumaca in tutte le salse. In
un paio di pasticcerie dallo sfarzo ottocentesco tastiamo con bocca la
magnificenza dei “Baci” di Cherasco, cioccolatini malfatti a base di cacao
fondente e nocciole sminuzzate: notevoli. Giriamo fino all’imbrunire tra i
palazzi signorili del centro e poi torniamo ad Alba, dove ci feriamo per una cena leggera.
L’ultimo giorno i programmi sono
chiari: ritirare le damigiane piene a Sant’Anna (Barbera e Cortese – AziendaBo) e ripartire verso Alessandria. Qui proviamo a visitare il museo di Marengo –
importante per guerra napoleonica tra francesi e austriaci e per il piatto
tipico a base di pollo. Giriamo poi per una deserta
Alessandria cercando un ristornate che cucini appunto il Pollo alla Marengo, ma inutilmente. Così nel primo
pomeriggio, stremati dallo sconforto, concludiamo il nostro viaggio visitando la Cittadella di Alessandria,
una fortificazione permanente risalente al XVIII secolo.