sabato 15 aprile 2017

Le cime del Monte Baldo




A voler osservare quasi interamente la catena montuosa del Baldo, esiste una postazione preferenziale dalla quale poter buttare un occhio persino alla Val D'Adige. E alla portata di tutti.



Esistono giornate in cui avventurarsi troppo in quota, significherebbe prendersi dei rischi, vuoi per le avverse condizioni metereologiche, vuoi per la mancanza di visibilità. Ma ammirare da lontano le vette, sognando di poterle scalare una alla volta, qualche giorno più tardi: non è questo il sogno di ogni camminatore che si rispetti?




Il Baldo si estende tra il Lago di Garda e la Val D'Adige. È formato da diverse Cime, tutte visibili dai paraggi del Rifugio di Novezzina. Avendo alle spalle la Val D'Adige, possiamo scorgere da sinistra: CimaTelegrafo (2200), Punta Pettorina, che sfiora i 2200 metri è seconda per altezza solo alla successiva Cima Val Dritta (2218 metri, la più alta); poi Cima del Longino e Pozzette, più basse, prima di risalire oltre Bocca di Navene, verso l'Altissimo (2079 metri).  



Per arrivare ad osservare il maestoso spettacolo naturale, basta superare Ferrara di Montebaldo e tenere per Novezzina e Passo Cavallo. Superati anche i ristoranti, sulla destra parte un sentiero da poco aperto che ci guida tra le trincee della Prima Guerra Mondiale, in bilico sul versante est, verso il fiume Adige. Il crinale scosceso è spesso visitato da camosci e anche le aquile reali nidificano in cima all'impervio canale. 

 
 
Vi si arriva in fretta (1 ora andata, 1 ora scarsa il ritorno, circa) seguendo il percorso che porta alle Redutte, a quota 1618, ove un cippo di marmo nel 1754 segnalava il confine tra Tirolo asburgico e Repubblica Serenissima. Proprio da qui, potremmo restare ore ad osservare la sottostante Val d’Adige, oppure, in alternativa, possiamo lasciarci catturare dalla maestosità della catena montuosa del Baldo che si estende di fronte a noi per diversi chilometri.

venerdì 7 aprile 2017

Un tuffo dal santuario: il Vajo dell'Orsa in Val d’Adige




Esiste un paese in stato di semi-spopolamento. Pur essendo accanto all'autostrada, è tagliato fuori dal traffico pesante e dai grandi itinerari: una strada statale che scorre al di là dell'Adige, verso il Brennero, una ciclovia, la montagna alle sue spalle. Il suo nome è Brentino Belluno, in Val Lagarina, e proprio qui inizia il faticoso percorso attraverso il quale centinaia di fedeli ogni anno raggiungono il soprelevato Santuario della Madonna della Corona. Sotto quest’ultimo, a strapiombo, è sdraiato il Vajo dell'Orsa, radure infinite che nascono nell’incontro tra i due versanti della montagna. 


Il piazzale della chiesa, offre un ottimo parcheggio anche durante il fine settimana. Attraversando a piedi il centro, si può notare quanto poco sia cambiato questo piccolo centro nel corso dei secoli: poche case montane, all'ombra di una parete rocciosa che fa tramontare il sole ben prima dell'orario ufficiale. 

Dopo aver individuato la fontana storica, dalla Via Santuario (segnavia 73) si comincia a salire, esattamente come già facevano i pellegrini nel XVI secolo, i circa 1600 gradini che separano l'abitato dal santuario. 





In un'ora e mezza si raggiunge un dislivello di 700 metri, portandosi proprio sotto l'antica costruzione scavata nella roccia a ridosso della montagna. Attraversato il Ponte del Tiglio, si affrontano le ultime stazioni della via crucis, incontrando dapprima il percorso che scende da Spiazzi, e poi facendo finalmente ingresso sul piazzale sottostante l'antico edificio. La prima chiesa, risale al 1500; solo successivamente fu trasformata in santuario, circa due secoli più tardi.


Tornando sui propri passi, dopo circa dieci minuti di strada tra carpini e faggi, si incontra sulla destra una discesa piuttosto ripida, che sfocia in alcuni tratti piuttosto esposti (assicurati comunque da una fune in acciaio) a strapiombo sul dirupo sottostante. Sarebbe a questo punto bene ricordare l'importanza di indossare calzature idonee, ma a dire il vero l'esperienza personale non è stata così terribile come altre guide suggeriscono. Il sentiero segnavia 75, porta verso il Vajo dell'Orsa, un ambiente ricco di felci dall'aspetto tropicale che si sviluppa all’interno della spaccatura nella montagna sovrastante. 


Dapprima, come detto, si scende, per poi riprendere a salire; l'ultima discesa, dopo circa un'ora di strada, ci fa raggiungere alcune stupende cascate e marmitte di erosione dette "pozzi della luna", di origine glaciale, e poi un guado piuttosto semplice all'incontro col torrente Bissole. 

 


A quel punto non resta che risalire dal versante orientale della montagna, fino a sbucare proprio sopra l'abitato di Brentino. Per fare ritorno, dopo una discesa a dir poco molto ripida, basta seguire di nuovo il sentiero 74 fino al centro abitato.