venerdì 15 settembre 2000

Tunisia: da Djerba alle porte del deserto





La Tunisia, nell'autunno del 2000, probabilmente era molto diversa da quella di oggi. La Primavera Araba, che avrebbe spazzato via qualche anno più tardi i regnanti di gran parte dei paesi nordafricani, era ancora lontana, insieme alla destabilizzazione che sarebbe scaturita da quei drammatici eventi.

Così, alla rinfusa, ricordo un piccolo aeroporto isolano, grande poco più di una stazione, lunghi viaggi su autobus climatizzati, arterie stradali semi-insabbiate, mattine assolate ma prive di afa, monete pesanti, artigianato, tè alla menta, maestosi tramonti verso il faro dell'isola.



Djerba è la maggiore delle isole del Nord africa, e si trova nella Tunisia meridionale. Lontana diverse centinaia di chilometri da dove l'esule Craxi decise di passare gli ultimi giorni di vita, e pure dalla capitale, Tunisi, è comunque collegata al continente da un ponte di origine romana. Fu colonizzata da diverse popolazioni nel corso della storia: non solo dai romani, ma successivamente anche i cristiani di Sicilia e di Aragona si contesero la proprietà dell'Isola dei Lotofagi di cui parlava Ulisse, prima dei francesi. Ancor oggi ospita una minoranza ebraica. Sull'isola si parla il Berbero, oltre che il francese. Sulle sue coste, attualmente, sono concentrati villaggi per i vacanzieri europei. Partendo da qui, è possibile effettuare diverse escursioni.  




Escursioni sull'isola di Djerba




Houmt Souk - letteralmente "città-mercato" - a nord dell'isola, è il capoluogo di Djerba. Abitato da circa 20.000 persone, vanta l'immenso Midoun, mercato colorato dai fini granelli di innumerevoli spezie. Per gli appassionati di percussioni, qui è possibile acquistare bonghi e djembé. Ma non solo: anche tessuti e tappeti sono di ottima qualità; se poi foste interessati ad un taglio di capelli o a una rasatura, posso garantire personalmente che il trattamento offerto dai locali parrucchieri è tra i migliori che vi capiterà di provare.

 

Sede di numerose fabbriche statali di tappeti, concentra la manodopera femminile della città e non solo. Qui, i filati si creano ancora mediante i tradizionali telai verticali in legno, dando vita ad accostamenti cromatici incantevoli.


Assolutamente da visitare, poi, la Synagogue de la Ghriba. Luogo di culto dalle mille decorazioni celesti, costruito di recente, nel XX secolo, è stato oggetto nel 2002 di un violento attentato. L'origine del suo nome, deriva probabilmente dalla leggenda che narra della comparsa improvvisa dal nulla di una donna: "Ghriba", significa infatti "sconosciuta". 


 
Spostandosi ancora verso sud, ci si imbatte in Guellala, capitale delle ceramiche. Qui il vasellame è ancora prodotto attraverso l'uso di torni a pedale. Veder nascere un vaso in diretta, sotto le dita esperte degli abitanti, è emozionante.   







Tutt'altro tipo di escursione, è quella di natura faunistica. A bordo di piccoli motoscafi, si può andare "a caccia" di delfini in mare aperto. L'avvistamento, da queste parti è praticamente garantito, considerata la presenza fissa dei cetacei. Inoltre, in alcune zone costiere e non solo, è possibile assistere a strane corse di cavalli berberi, le “fantasias”. La cosa interessante, è che proprio il termine "fantasia", deriverebbe dalle strane bardature colorate che venivano applicate sui cavalli berberi durante le corse.






Tunisia continentale




Come già detto, l'isola è collegata al continente africano mediante un manufatto che risale all'epoca romana, il ponte di El Kantara, lungo circa 6 chilometri, costruito nella zona sud-orientale per via dei bassi fondali marini presenti in loco. 

 

Tuttavia, per dirigersi verso in nord del paese, è più comodo usufruire di uno dei tanti traghetti che salpano ogni giorno da Adjim. 

 
Da Adjim, si prosegue poi su strade parzialmente insabbiate, scorgendo da lontano campanili di minareti, basse colline, piantagioni di datteri e palme. Le coltivazioni più recenti, fanno sicuramente parte di un progetto atto strappare al deserto le zone periferiche più aride. 






La città di Gabes, che dà il nome al celebre golfo è l'unica oasi costiera conosciuta al mondo. Vanta un terreno molto fertile che dà origine a grandi coltivazioni di verdure, frutta e all'allevamento degli animali. 


Lì vicino, si trovano le abitazioni berbere di Matmata, giusta destinazione per tutti gli appassionati di cinema. 40 anni fa, non solo qui ma anche in alcune zone limitrofe, furono girate Da George Lucas alcune delle scene iniziali di Guerre Stellari. Matmata, prende il nome dalla tribù berbera che migliaia di anni fa scelse come rifugio questa regione.

 

 

Essa viveva nelle in case scavate nel terreno per sfuggire al caldo estremo delle giornate estive e al freddo della notte. Le case troglodite sono meta ogni anno di migliaia di visite: sul buco circolare, una sorta di cortile, si aprono diverse camere, una cucina piuttosto profonda, e una grotta per gli animali.




Dirigendosi verso sud, è possibile avvistare il lago salato di Chott el-Jerid, raro ma non unico nel suo genere. 


“Nei villaggi di frontiera guardano passare i treni / le strade deserte di Tozeur” cantava Franco Battiato negli anni ’80: una piccola oasi adagiata sul lago verso l’Algeria, le celebri costruzioni in mattoni gialli e marroni, l’incessante passaggio delle carovane sulle sponde del bacino idrico. Tozeur è tutto questo.   


Infine, come non concludere il viaggio facendo quattro passi nel Sahara? I miei ricordi del villaggio di Douz, alle porte del deserto tra i più estesi al mondo, sono molti: il piccolo avamposto dal famoso arco in muratura, quattro muri e un bar in cui è possibile acquistare coca cola e aranciata in bottiglie di vetro. 

 
 
Incamminandosi verso le prime dune, ciò che colpisce non è la temperatura - circa 50 gradi ma con un tasso di umidità così basso, da percepirne almeno una quindicina in meno - ma una vera e propria discarica a cielo aperto, estesa per diversi chilometri, dove ciò che la sabbia non sotterra nel suo incessante lavoro di creazione e distruzione, resta alla vista dei passanti. I cammellieri caricano i turisti a bordo dei loro animali, e non se ne curano, vittime sacrificali di una società che ha smarrito il senso del limite.