lunedì 24 ottobre 2016

La Scozia e le Highlands, fiaba surreale



 

Il Regno Unito è pioggia, pub aperti sin dal mattino, calcio in diretta e in differita. La tradizione la considera una monarchia costituzionale, la stampa italiana un paese di contraddizioni ed irriconoscenza verso il continente, per molti italiani è una seconda casa (con possibilità di carriera e vita senza bidet). Dopo aver già girato in lungo e in largo L'Inghilterra e l'Irlanda, incuriosisce, osservando la cartina appesa al muro, la mancanza di un cerchio a matita anche intorno a Edimburgo. Vi sono mete che si rimandano da troppo tempo per mille ragioni. Ma viene sempre, poi, l'esigenza di partire e questa volta, in pieno autunno, progettiamo una fuga verso l'umida Scozia.



Partenza da Venezia Marco Polo. Comodissimo aeroporto, raggiungibile agevolmente dalla stazione centrale mediante autobus. Nel lasciare Venezia, dall'alto non può che tornare in mente il Marco Polo di Marco Paolini, con il protagonista che non riesce a lasciare la laguna, in rotta verso un se stesso che necessita di lasciare il lido, per dedicarsi al mondo. Appena atterrati passeggiamo verso il nolo auto, convinti che sia un gioco da ragazzi, avendo prenotato da casa, ritirare il mezzo. E invece bisogna fare attenzione: la cifra pattuita nel momento della prenotazione spesso è di molto inferiore a quella che si pagherà in loco. Dopo aver contrattato a lungo, partiamo con la nostra vettura cambio automatico, guidando per la prima volta in vita dalla parte sinistra della carreggiata. La prima meta è Perth, raggiungibile da Edimburgo mediante un lungo ponte che salda i due lembi di terra del piccolo golfo. Prima di partire avevamo tracciato mentalmente un percorso ideale, ma non avendo mai percorso le strade a queste latitudini, ci siamo azzardati a prenotare su Airbnb solo la prima - proprio a Perth - e le ultime due notti a Edimburgo. Arriviamo a Perth un paio di ore prima del tramonto. La vista dell'ex capitale scozzese, che nasce sulle rive del fiume Tay e nelle acque del fiume riflette le luci dei suoi edifici storici, è molto suggestiva. Benché il centro storico sia piuttosto piccolo, è certamente un buon antipasto rispetto a ciò che vedremo spostandoci successivamente: centri medio-piccoli, lontani l’uno dall’altro, dove non manca nulla, e in cui vi è un fiorire di giovani botteghe artigiane e artistiche. Città dai tanti campanili, vanta anche diversi musei e castelli nelle immediate vicinanze. Ci limitiamo, sia la sera che la mattina successiva, a passeggiare per il centro osservando vecchi edifici che portano ancora le effigi di ciò che erano un tempo: fabbriche, grandi botteghe artigiane, società di assicurazioni. Ogni cosa è stata convertita ottimamente.

 


Partenza l'indomani verso il nord e le Highlands, possibilmente tappa a Loch Ness. Uscendo dalle città il traffico ovviamente diminuisce ed è più rilassante guidare e guardarsi intorno, dato che quasi tutti rispettano limiti di velocità e distanze di sicurezza. Il paesaggio che si incontra non credo sia riproducibile a parole. Semplicemente, pare di essere piombati in un una fiaba con elementi dark: il cielo minaccioso, in cui ogni tanto i raggi del sole fanno capolino tra nuvole cariche d'acqua, tutt’altro che rari arcobaleni, la luna che non vuole più tornare a dormire; grandi boschi nella prima parte del viaggio, sostituiti poi successivamente da "glen", valli immense che ospitano torrenti e laghi, numerosissime, e quando questi cessano, iniziano le tracce del mare, che entra in strette insenature profondissime e per chilometri ci inganna. Animali selvaggi attraversano queste terre a tratti inospitali, prati sterminati, vette e scogliere per gran parte ricoperte da erica in fiore. Cervi rossi, che possono di tanto in tanto attraversare la strada, interrompendo i distratti gruppi di pecore che vagano tra i recinti e i ripari, così come i caprioli e i grouse, i galli cedroni. Guardando in su, nel cielo le aquile sono facilmente avvistabili, gli scoiattoli rossi saltano tra le cime degli alberi. Più rari, nei boschi, sono gli incontri coi diffidenti gatti selvatici scozzesi. Ogni cosa è osservabile on the road, grazie alle piazzole di sosta presenti di frequente lungo la strada. 

 
Passiamo Pitlochry, piccola e meravigliosa località di villeggiatura verso la Tay Forest Park. Qui, visitiamo la diga sul fiume, e le vasche successivamente create per permettere ai salmoni di risalire la corrente e raggiungere i luoghi dove sono nati, a deporre le uova. Grazie alle pareti trasparenti, i pesci sono facilmente visibili. Oltre alla diga, è possibile passeggiare su un ponte sospeso, tra case e pub in pietra. 

 
Restando sul confine occidentale del Cairgorms National Park, vicino a Dalwinnie ci fermiamo ad assaggiare haddock & chips (un gustoso fish&chips) al Loch Ericht Hotel, poco oltre incontriamo un'immensa pietra accanto alla strada: si tratta di Center of Scotland, il centro esatto della nazione. Passiamo Newtonmore, Avienmore, Moy, e giungiamo a Inverness, città di medie dimensioni sul mare. 

 
Fotografiamo il pantano presente sotto l'ennesimo mastodontico ponte che collega i due lembi di terra divisi dal mare a Beauty Firth. Fin qui, da sud-ovest, scorre il Ness River, proveniente dal Lago di Loch Ness. Dopo esserci sgranchiti le gambe lungo il percorso pedonale delle cosiddette Ness Islands, ci dirigiamo verso Foyers, meta scelta per questa notte. Il lato orientale del lago, percorso la sera, riserva delle emozioni: una strada a corsia pressoché unica che segue per decine di chilometri la costa. Davvero suggestivo anche l'arrivo col buio a Foyers: un piccolo villaggio di poche anime che si sviluppa intorno ad un ufficio postale-edicola-tabacchi-supermarket-farmacia e un albergo-ristorante, il Foyers House, in cui passeremo la notte. 


Consigliatissimo, offre non solo un'ottima cucina - ottimi sia il cervo che il salmone, per non parlare di uno Sticky tofee pudding da oscar - ma anche una sala di degustazione in cui poter scegliere un centinaio di scotch. Inutile uscire dopo cena, il mondo è tutto lì, tra un vecchio televisore e un paio di tavolini in cui giocano a carte. 




Il terzo giorno sveglia all'alba, qualche minuto ad osservare finalmente le acque di Loch Ness col binocolo, direttamente dalla finestra: nulla da segnalare. Ma le dimensioni del lago, stretto e lunghissimo, profondo in certi punti più di 200 metri, creano correnti particolari, che possono facilmente ingannare l'occhio poco esperto degli avventori distratti. Dopo l’abbondante English Breakfast (sanguinaccio-fagioli-uova-bacon-salsicce-pane tostato-pomodori grigliati) e pancake con sciroppo d'acero, ci dirigiamo verso la cascata di Foyers, caduta d'acqua da più di 60 metri d'altezza a torto non molto pubblicizzata. 


Riprendendo l'auto, scendiamo fino al termine del lago, per poi risalire all'altezza di Fort Augustus verso Urquhart Castle. Le rovine del castello sono da cartolina, noi entriamo (sulle 8 sterline), ma si può benissimo evitare volendo, limitandosi a toccare le acque del lago in qualche altro punto in cui sia accessibile. 

 
 
Torniamo così a salire verso Kyle of Lochalsh, intravedendo il massiccio delle Five Sisters of Kintail, la nostra meta per oggi è l'isola di Skye. Dopo una rapida scorsa al Castello Eilean Dodan, location del film Highlander, puntiamo decisi al ponte che collega la terra con la selvaggia isola. 

 
Infatti, a parte una sorta di ideale capoluogo, Portree, gli altri centri abitati non sono che poche case antiche e campi in cui si allevano allo stato semi-brado pecore e Highlander (si chiamano davvero così), le vacche scozzesi dal ciuffo bruno. Giungiamo a Portree verso sera, alloggiamo per caso alla Balloch Guest House e ci troviamo davvero bene. Ampie stanze, colazione ottima l'indomani, vista sul mare che all'alba si incendia di un rosso vivo. Peccato per l'aurora boreale che in questi giorni è difficile da vedere, ci rifacciamo comunque con un bel giro a piedi, dopo tanti chilometri su quattro ruote, e un'ottima cena e football match annesso al The Isles Inn, tra i tifosi del Celtic. 




Il quarto giorno è dedicato interamente a Skye. Saliamo la penisola Trottenish fino a Uig, da lì è quasi tutto un fuori strada fino a Duntulm: scogliere e meraviglioso nulla per chilometri, se riuscissimo sarebbe bello percorrere tutto il perimetro dell'isola.

 
E così facciamo. Saliamo così all'estremo nord, in cerca di balene all'orizzonte, di puffin spiaggiati a riposare, ma siamo un po' fuori periodo, ci dobbiamo accontentare di osservare un paio di aquile con binocolo e fermarci di tanto in tanto, scendere dall'auto e guardarci intorno. Tutto è avvolto nel silenzio di terre semi esplorate, interrotto solo dalla brezza gelida che spira dal mare. Infondo, a queste latitudini, non dev'essere così male la vita degli animali. Camminiamo all'interno di un polmone verde, in cui il concetto di intensivo non esiste, in cui non esistono centrali nucleari e l'energia si ricava quasi interamente dall'eolico e dalle centrali idroelettriche; insomma, si viaggia in modo ostinato e contrario nella direzione opposta a quella cha sembra aver deciso di intraprendere il resto del mondo. 

 

Vicino a Waternish scorgiamo l'intatto Dunvegan Castle, poi facciamo rotta fino al Nearpoint Lighthouse, faro che svetta meraviglioso a ridosso di un’altrettanta impervia scogliera, tra pecore pigre e raffiche di vento.

Tornando verso la terra ferma, facciamo merenda all’incredibile taverna-negozio vintage Mor Books and the Windrush Cafe Studio, luogo unico nel suo genere, avamposto di calore umano nel bel mezzo del nulla. Dopo una capatina alla Talisker distillery (le visite guidate sono solo fino alle 16!), salutiamo le magnifiche Cuillin Hills e raggiunta la terra ferma, siamo costretti a passare la notte in un vecchio hotel di Kyle of Lochalsh.


Il quinto giorno Da Kyle partiamo molto presto, verso Fort William. Da qui, si ricomincia a sentire la presenza umana, essendo questo centro un'importante località turistica appena sotto il Ben Nevis, la montagna più altra del Regno Unito. 

Glencoe ha paesaggi da cartolina ma non scendiamo quasi mai dalla vettura, attraversiamo Loch Lomond e The Trossachs National Park, in direzione Glasgow. A Crianlarich ci fermiamo affamati al The Rod and Reel pub, poi passiamo anche Paisley tentando di raggiungere Glasgow in orario utile per trovare un giaciglio per la notte. Cerchiamo a lungo ma invano, quindi cambiamo meta e giungiamo esausti a Stirling, dove ci accontentiamo di un motel.


Stirling si trova nelle Central Lowlands ed è una stata capitale del Regno di Scozia. Teatro delle due più importanti battaglie per l'indipendenza scozzese, qui William Wallace sconfisse gli Inglesi e la sua mitologica figura fu immortalata da Mel Gibson nel suo Braveheart. La sera visitiamo il centro storico e un paio di pub, la mattina successiva raggiungiamo poi il castello che sorge nella parte più alta della città, con tanto di cornamuse e kilt a seguito; prima di andarcene non dimentichiamo di fare un salto anche al Monumento dedicato a Wallace. Passiamo da Falkirk, la Lonely Planet lo consiglia, ad osservare la Falkirk Wheel, ingegnosa opera meccanica degli anni '30, che permetteva alle imbarcazioni di ovviare ad un ragguardevole dislivello tra canali. Certamente da non mancare, se si è nei paraggi. Arriviamo a Edimburgo la sera del nostro sesto giorno, riconsegniamo l'auto e dall'aeroporto, prendendo il treno, arriviamo facilmente in zona Harrison Park dove alloggeremo. 

 
Seguendo il canale, arrivare in pieno centro è una passeggiata rilassante. La sera ceniamo alla CALEY SAMPLE ROOM. Il carattere maiuscolo non è frutto di disattenzione, ma garanzia dell'eccellente qualità culinaria di questo posto, ove torneremo anche il giorno successivo. Oltre a piatti tradizionali, leggermente rivisitati (l'haggis fritto, ed esempio), si può scegliere tra circa un centinaio di birre da assaggiare, senza contare gli scotch.

L'ultimo giorno è dedicato alla visita del centro storico della capitale. Dal castello il panorama è notevole, ma ancora di più lo è dal tetto del National Museum of Scotland. Gratuito, come tutti i musei del Regno Unito, si sostiene con le libere offerte dei visitatori e con le vendite al book-shop.

 
 

Passa in rassegna egregiamente la storia dei popoli del mondo, non solo di quello scozzese, dalle origini ai giorni nostri. Una via di mezzo tra un museo di storia naturale e un museo della tecnica, è su 7 piani, impossibili da girare completamente. Ci limitiamo a passeggiare per le immense sale, tra scheletri e postazioni interattive.


A West Port, piazza Grassmarket, un tempo si effettuavano le impiccagioni e leggenda vuole che anche Burke e Hare, celebri ladri di cadaveri rivenduti poi alla medicina, siano stati giustiziati qui. Nel film "Ladri di cadaveri", le loro vicende romanzate sono ben descritte da John Landis. 








CONSIGLI DI VIAGGIO: 


- Attenzione alle tariffe delle auto a noleggio. Se vi chiedono come prezzo finale "100", è molto probabile che per qualche postilla contrattuale che vi è sfuggita, alla fine sarete costretti a pagare al momento del ritiro "130" o "140". Per il navigatore, risparmiate installandovi una app come Here. Scaricatevi prima di partire le mappe del Regno Unito, in modo da poter usare il gps anche offline.

- Cambio valuta. Evitare di cambiare in aeroporto, in tasso è altissimo. Potete scegliere se ritirare liquidi oppure se pagare con carta di credito (che qui accettando quasi ovunque). Se avete euro, cambiateli negli uffici postali. Attenzione agli orari di apertura (di solito dalle 9 alle 16).

- Birra. Mi spiace, ma per me la patria di questa bevanda non è la Germania, ma il Regno Unito. Se la pensate anche voi così, evitare di sparare a caso una volta seduti nei pub; chiedete e vi sarà consigliato.

- Aurora Boreale. Per quanto sia possibile scorgerla anche dalle Highlands - come dall'Irlanda - dall'autunno, bisogna essere molto fortunati per incapparvi. Se volete restare aggiornati a tal proposito è stata creata una pagina FB: https://www.facebook.com/AuroraNotify/?fref=ts; consultatela.

- Wi-fi. Ci siamo stupiti per il fatto che tutti i b&b abbiamo una buona copertura wi-fi in stanza, mentre invece a volte gli hotel, per quanto più cari, non la garantiscono. Per il resto, quasi ogni locale avrà reti disponibili, come anche l'aeroporto di Edimburgo.        

- Rifornimento. Evitate di restare a secco, a nord, non tutti i paesini hanno una stazione di benzina, e non sempre incontrerete grandi centri.

- Distillerie. Ce ne sono ovunque. Evitate di fermarvi a tutte per due ragioni: la prima è legata alla patente di guida, la seconda è che non tutte organizzano tour ogni giorno. Cercate di prenotare la visita a quelle a cui siete più interessati.

- Cucina. Assaggiate qualsiasi cosa vi propongano tra i piatti locali: ogni cosa è squisita, dalle zuppe all'haggis, all'Haddock.

- Vestiario. Portatevi poco, vestitevi a strati. Indispensabile solo una giacca che tenga sia il vento che l'acqua. 

- CALEY SAMPLE ROOM, Se siete ad Edimburgo mangiate lì. Non è un consiglio, è un ordine.
 
 

domenica 7 agosto 2016

Via da Roma - Sentieri nel traffico, su basolo, tra i monti fino al mare



Adoro Roma, in qualsiasi stagione riesce a comunicarti l'idea che per quanto nulla sia eterno, questo luogo possa fare eccezione. Le sue strade, colorate da gente che ha in comune solo il saper d'essere in una città sospesa tra cultura e shopping, finanza e cucina, politica, arte, il naif dei souvenir. In pochi posti, gli estremi si attraggono: Roma è uno di questi. Persino i gas di scarico delle auto profumano di cinema, non si fanno mai due passi senza incappare in un ipotetico, o già utilizzato, set naturale.
Tutto ciò annegherà pure nella quasi totale disorganizzazione, ma mette i brividi pensare che per quanto si possa scavare e girare, sempre si troverà qualcosa di antico da cui poter partire per ricostruire le radici di un antico impero ormai decaduto. Valga per l’impero romano o per cinecittà.



Il percorso intrapreso è un ipotetico giro del Lazio a piedi; zaino in spalla, l'intenzione è di uscire dalla capitale mediante l'Antica via Appia, per poi imboccare da lì un percorso che porti dapprima ai colli Albani. Attraversando la zona di Nemi, sarebbe facile poi oltrepassare Velletri e raggiungere i borghi di Cori e Sermoneta. Quindi, oltre la stazione di Priverno, nell'entroterra vi è un paese, Sonnino, abbarbicato su basse montagne: da lì, scendere a Terracina sarebbe un'esperienza meravigliosa. E così pure scalare il Circeo, vedere la lingua di terra di Sabaudia estendersi per diversi chilometri, le isole pontine in lontananza.


Ogni paese che attraverseremo avrà i resti di un passato glorioso da mostrare, persone da conoscere e fontane da cui abbeverarsi. Come una mandria di bestiame formato solo da due capi, ci mettiamo in cammino alla ricerca di resti, boschi, sorgenti e avventura. Sembra un'impresa titanica, ma il Numero n.119 di Airone del marzo 1991 è sempre a nostro fianco: una personale bibbia, unica guida contro un mondo che cambia spesso inutilmente.


Giorno 1

Al nostro arrivo nella capitale, Serata lunga a Roma, quartiere Monte Sacro, dopo una lunga passeggiata d’allenamento da Termini lungo quasi tutta la via Nomentana. 



Aperitivo lunghissimo del lunedì sera, a letto a tarda notte dopo un’escursione notturna fino al Ponte nomentano, ora chiuso al traffico.
Un buon assaggio della vita di quartiere nella “Città Giardino Aniene”, come fu chiamato Monte Sacro negli anni '20, trasformato in una sorta di "garden city" all'italiana. Oltre la scenica piazza Sempione e adiacente il fiume. Peccato la metro sia piuttosto distante. O forse meglio così.
 



Giorno 2

Partenza dopo un’abbondante colazione, cielo azzurro terso, il meteo dice che non pioverà o quasi per settimane. Temperatura media piuttosto elevata, in programma camminate intensive di diverse ore proprio nelle ore centrali del giorno. Volata non in programma all'Eur, un solo stop per rimirare sui quattro lati il magnifico Palazzo della Civiltà Italiana, dal curioso numero di archi corrispondenti alle lettere di nome e cognome del più famoso gerarca nostrano. Il Palazzo dei Ricevimenti e Congressi è sullo sfondo. Ampi spazi lasciano un respiro sorprendente sulle vedute degli edifici.




Partenza del viaggio ufficiale dal Circo Massimo, da lì si imbocca la via Appia che lasceremo, non senza alcun dispiacere, solo qualche ora dopo, nei pressi di Ciampino. 




Il primo tratto, in corrispondenza delle Terme di Caracalla, rappresenta un tour de force fra auto e strade a più corsie difficilmente attraversabili dai pedoni. 

 

Oltre le mura Aureliane, la strada si fa meno ampia, camminarne ai lati è piuttosto difficoltoso, ma molte delle principali attrazioni della zona sono lungo questa arteria. Stiamo parlando delle Catacombe di San Callisto, di quelle di San Sebastiano e del Mausoleo di Cecilia Metella. Dopo un errore di valutazione, che ci spinge a salire su un bus di linea che ci fa attraversare le Capannelle e perdere tempo, ritroviamo il modo di tornare sulla regina viarum, costruita dai romani quasi 2500 anni fa. 



Mettere un piede davanti all'altro, sfiorando con le suole basolati antichi scavati dalle ruote di centinaia di carri, è un'emozione indicibile. 


 

Dopo una sosta vicino a una fontanella, cominciamo a renderci conto di ciò su cui poggia il nostro guardo: centinaia di ettari di prati secchi, pecore libere che brucano, domus a far da sfondo a questa incredibile zona-cuscinetto, localizzata tra il centro della capitale e il grande raccordo anulare. Una volta giunti all'aeroporto, ultimo tratto semi-pedonale, con qualche difficoltà cerchiamo un mezzo per salire in serata sui colli, verso Frascati. In qualche modo riusciamo a saltare la destinazione e arriviamo direttamente a Genzano; incuriositi dalla vicina Ariccia, celebre per la porchetta, la raggiungiamo a piedi e restiamo un po' a goderci il panorama. 

Ma la mancanza di disponibilità un alloggio per la notte, ci spinge a tornare sui nostri passi e a pernottare a Genzano.




Giorno 3

Ci si incammina fuori dal paese, vorremmo scorgere almeno dall'alto le scure acque del lago di Nemi, per poi dirigerci verso Cori. All'ultimo decidiamo invece di arrivare fino a Nemi, per poi tentare di attraversare i colli successivi fino a destinazione. Dopo una ripida discesa, risalire è piuttosto arduo. 


 
Il lago non è balneabile, per lo meno non nella zona che raggiungiamo noi. Un ampio canneto impedisce l'accesso, una tartaruga di terra è l’unica custode dell'incanto di una zona d'un verde mozzafiato. Il museo delle navi romane può essere una buona idea per spezzare il percorso, ma non è certamente imperdibile.

 

Verso Nemi, grande centro di produzione della fragola, sul percorso pedonale a salire ci imbattiamo in un teatro di paglia con vista lago (Teatrodipaglia a nemi). Non solo qui organizzano spettacoli in cui la gente può esibirsi liberamente, ma a detta loro hanno ripreso in mano un discorso legato a produzione sostenibile e salvaguardia paesaggistica, da queste parti abbandonato da tempo.

Il centro di Nemi è piuttosto turistico, molti ristoranti, parecchie botteghe. Solo qui ci lasciamo tentare dalla porchetta che comunque da queste parti è buona ovunque.


 
L'autobus per Velletri passerà qualche ora più tardi. Da lì, sotto sera prenderemo un bus che ci porterà a Cori, meraviglioso paese abbarbicato sui bassi monti antistanti i Lepini. 



Dalla finestra del b&b in cui siamo ospitati (consigliato: Residenza 1642) si può osservare la piana di Latina, estesa zona di bonifica strappata alla palude per dare terre a lavoratori veneti accorsi qui in migliaia durante il ventennio.

A tarda sera ceniamo alla Trattoria da Checco, finalmente ottimi piatti tradizionali e vini locali (il Castore e il Polluce, certamente da assaggiare) ad un prezzo più che giusto.
 

Giorno 4

I Monti Lepini ci affascinano, fin da subito abbiamo preferito non puntare decisi verso Terracina - prima tappa della via Appia, che poi prosegue verso Brindisi - ma avventurarci zaino in spalla nell'entroterra, proprio per sfidare loro, i poco visitati appennini laziali. I percorsi da seguire però non sono molti, è facile perdersi proprio per il loro essere completamente selvaggi, a tratti vere e proprie foreste.



 

Decidiamo quindi, anche per mancanza di tempo, di non arrampicarci troppo in quota, ma di restare sui primi promontori. Da Cori a Norma, le indicazioni dei passaggi tra le radure sono molto approssimativi, in certi punti i rovi hanno invaso i pochi sentieri che qualche decina di anni fa qualcuno doveva aver tracciato.

 
Così, dopo ore di snervante cammino tra vegetazione secca e spine, ramarri, falchi, cavalli selvaggi e vacche al pascolo, ci appare in lontananza finalmente l'antica Norba, roccaforte del V secolo a.C. del territorio pontino. In qualche modo riusciamo a raggiungerla e ci fermiamo nel primo pomeriggio in una piccola rosticceria centrale a sbranare un piatto di amatriciana e numerose birre. Il centro è bello e parzialmente disabitato, come molti altri paesi limitrofi. 



Sermoneta, sarebbe in realtà il paese più noto qui attorno, ma per ragioni logistiche dobbiamo rinunciarvi, giungendo in bus dapprima a Latina 


Poi nel tardo pomeriggio, sulle alture di Sonnino, paese di medie dimensioni abbarbicato sui monti.



Dall'alto parrebbe la sagoma di uno squalo in procinto di attaccare, in realtà l'abitato è sviluppato su un discreto numero di tornanti; il centro storico è ovviamente in cima, e dopo una rapida quanto inutile ricerca di una qualsiasi struttura ricettiva, ci diamo per vinti e ci accomodiamo in Piazza San Pietro, vicino ad una fontana, plateatico della nuovissima bottega "Chello che tengo Brother's" che serve prodotti locali e vini magnifici.














Il calore della gente, che a prima vista si direbbe invece strafottente, ci permette anche questa volta di non dormire all'addiaccio, ma in un vicino agriturismo da cui il giorno dopo partiremo verso i calcarei e scenografici Monti Ausoni, direzione Terracina.

Giorno 5

   
La partenza da Sonnino è ormai compromessa, dato che abbiamo trovato una sistemazione a Sonnino Scalo la sera prima. 

Non ci resta che chiedere un passaggio ad altri viaggiatori fino a Capocroce e da qui risalire in quota. Dapprima arriviamo a Campo Soriano (passando di colpo da 10 a 360 metri slm), parco naturale carsico che presenta enormi massi isolati a forma di guglie chiamati hum, tra cui la cosiddetta Cattedrale di San Domenico che arriva a 18 metri di altezza.



Da lì si prosegue verso Campo Santo Stefano, antica fonte e cappella votiva, per poi puntare decisi verso il mare di Terracina.

 
Uscire dai monti, per quanto bassi, dopo diverse ora di cammino quasi completamente isolati, e intravedere il mare alla fine di un percorso tortuoso quanto i nostri pensieri, è una sensazione molto strana. Percorriamo ripide vie invase da pietre di ogni dimensione, staccando dall’alto anche il lago di Fondi; da poco più avanti inizia la reale discesa verso il centro abitato di Terracina



Dall’altrettanto ripida via del Cimitero scorgiamo sulle nostre teste il tempio di Giove Anxur alle prime luci della sera. 

 

L’antico abitato è in parte diroccato, ma ben presto capiamo che è proprio questo il bello del luogo: l’avere lasciato intatto quello che è restato in piedi da sé. Inutile dilungarsi sugli storici scorci del paese, la sola piazza centrale merita un lungo aperitivo rilassante tra il museo archeologico e la cattedrale di San Cesareo.
 

Giorno 6

In piedi alla buonora, mattinata a rimirare dalla spiaggia il promontorio che abbiamo attraversato a piedi il giorno precedente. Intorno all'ora di pranzo intercettiamo un autobus per San Felice Circeo. Una volta giunti là, non possiamo fare a meno di notare la differenza di conservazione delle due cittadine marittime: Terracina è reale, lasciata a se stessa, mentre San Felice, ristrutturata da capo a piedi, è lustra come un salotto nobiliare. 


Discorriamo di questo mentre attraversiamo il centro storico e ci fermiamo al Belvedere di Piazza Marconi, cercando di capire come poter giungere in cima anche all'ultimo promontorio del nostro viaggio. Chiedendo ai passanti, riusciamo a trovare un sentiero che si avventura in direzione del faro. Da lassù la vista non sarà completa, ma in realtà molto poco ci è nascosto dalla vegetazione.






A destra, l'altro picco del Circeo, quello di Circe, e alle sue spalle il lungo mare di Sabaudia; di fronte a noi le isole pontine (Ponza, Palmarola, Ventotene), sulla sinistra sono visibili Ischia e il Vesuvio oltre la coltre di foschia. La svelta discesa è motivata dall'unico tuffo in mare del viaggio. 

Poi, di corsa verso la fermata dell'autobus che ci riporta alla stazione di Priverno e da lì in treno fino a Roma. Giusto in tempo per goderci dal finestrino l'unico breve temporale del mese. Una volta giunti in città, ci perdiamo la notte a calcarne i vicoli più celebri: da Montecitorio a Piazza del popolo, da via Margutta al Pantheon e Piazza Navona, fino a Piazza di Spagna, i Fori Imperiali e il Colosseo.  

 

Al fresco di una notte di mezz'estate tutto è possibile, anche che le vie sgombre di gente siano invase da una brezza leggera che spira dal mare o forse dalle montagne, certamente giunta da qualche remoto paese disperso, ad augurarci un buon ritorno.

Dopo un centinaio di chilometri percorsi a piedi, è giunto il momento di salutarsi, o Roma. Arrivederci, unica, magica città eterna.